Retrogames - Pitfall II: Lost Caverns
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LA STORIA DEI VIDEOGIOCHI INIZIA DALLA A DI ATARI… E DA QUELLA DI ACTIVISION |
Nella prima metà degli anni ʼ80 lo sviluppo dei “giochi elettronici” era un’attività che potremmo definire “eroica”. Le limitazioni degli hardware disponibili, infatti, erano tali da imporre agli autori di creare da zero qualcosa di simile a piccoli mondi in equilibrio sulla capocchia di uno spillo, equivalenti binari di minuscoli quanto fragilissimi velieri in bottiglia, corrispettivi videoludici degli haiku giapponesi, ovvero di pregnanti componimenti poetici caratterizzati da estrema brevità e rigido schema metrico.
Tra gli ardimentosi protagonisti del suddetto periodo spicca senz’altro il grande David Crane, game designer/programmer statunitense inizialmente in forza ad Atari (1978–79) e quindi co-fondatore di Activision (1979), nonché autore sotto tale etichetta di titoli come: The Activision Decathlon, Fishing Derby, Ghostbusters, Grand Prix, Kaboom!, Pitfall! e Pitfall II: Lost Caverns.
Questo programmatore divenne una celebre firma dell’intrattenimento elettronico a seguito, per l’appunto, del clamoroso successo di Pitfall! (1982), straordinario multi-screen platform realizzato dapprima per l’Atari 2600 e, dopo il relativo exploit commerciale (oltre 4 milioni di copie vendute e 64 settimane di vetta in classifica), convertito per Atari 8-bit family, Commodore 64, TRS-80, MSX, Colecovision ed Intellivision.
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Crane ha svolto un ruolo fondamentale nell’ambito di Activision, la prima e la più importante third party software company per il 2600 che fu costituita a partire da un nucleo di ex-developer Atari scontenti delle poco lungimiranti politiche dell’azienda di Sunnyvale, nonché desiderosi di garantire quel riconoscimento ai designer negato dalla dirigenza capitanata da Ray Kassar. Il “papà di Pitfall!”, infatti, disapprovava quel proliferare su VCS di improbabili adattamenti a basso costo di giochi arcade che di fatto contribuì al “Video Game Crash” del 1983 e preferiva sviluppare titoli espressamente dedicati alla popolare console, considerandone le specifiche e valorizzandone al meglio le potenzialità. Non è certo un caso che proprio Activision abbia prodotto alcuni tra i migliori giochi per 2600 e che in questa fase la qualità della programmazione sia stata uno dei fiori all’occhiello della compagnia.
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Nei primi anni ʼ80, dunque, i game designer/programmer erano per certi aspetti degli “eroi” e di certo non manca di una certa suggestione il definire appunto come “eroico” questo affascinante periodo. Tale visione “romantica” degli albori della storia videoludica viene poi in un certo senso avvalorata dalla presenza di un character di primissimo piano come Harry Pitfall, ovvero la stilizzata traduzione in “grossi pixel” dell’adventure hero per eccellenza: Indiana Jones (il primo film della tetralogia, “I Predatori dell’Arca Perduta”, difatti, precede di un anno l’hit firmato Activision).
DALLA GIUNGLA DI PITFALL! ALLE “CAVERNE PERDUTE” DI MACCHU-PICCHU DEL SEGUITO |
Il capostipite della serie proponeva un’emozionante avventura che vedeva il nostro impegnato in una corsa contro il tempo alla ricerca di 32 oggetti preziosi distribuiti in una mappa che si articolava in 256 videate dove, ovviamente, non mancavano insidie come trabocchetti, laghetti impossibili da guadare o letali sabbie mobili da superare per “via lianaerea” in perfetto “Tarzan-style”, alligatori, scorpioni, serpenti, fuochi da bivacco e ceppi rotolanti.
Pitfall! conquistava il giocatore del tempo in virtù di un buon ritmo, una discreta varietà, un pregevole dinamismo dell’azione, convincenti animazioni “flicker-free” del protagonista delineato in “multicolor” (finezze degne di nota per un Atari 2600) e un ben strutturato “jungle maze” completo di “sottopassaggi”. Il multi-screen platform Activision s’impose rapidamente guadagnandosi già nel 1982 il titolo di Video Game of the Year e riscuotendo un apprezzamento tale da assurgere a vera e propria icona. La pixellosa silhouette di Harry Pitfall colto nell’atto di correre, saltare o volare sospeso ad una liana divenne, dunque, la stilizzata traduzione figurativa dell’avventura cinematografica riproposta in un avvincente gioco elettronico, per poi sublimare a poco a poco in uno dei simboli storici dell’intrattenimento videoludico.
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Una hit del calibro di Pitfall! esigeva un degno seguito che recasse la prestigiosa firma di David Crane. Così il talentuoso designer si prodigò in un vero e proprio elevamento a potenza della prima impresa di Harry.
Pitfall II: Lost Caverns (1984) prende le mosse da una radicale “verticalizzazione” della mappa di gioco che, strutturata in ben 27 livelli di profondità con un’estensione in orizzontale limitata a sole 8 videate, contribuisce a contrassegnarlo come un titolo più orientato verso istanze esplorative a discapito di alcuni elementi che avevano caratterizzato il capostipite: la corsa contro il tempo e i 32 oggetti preziosi da raccogliere.
L’ambizioso sequel del Video Game of the Year di due anni prima accentua poi il taglio cinematografico già presente in nuce nel prequel e propone un rudimentale “quadro narrativo” che vede l’eroico Harry costretto ad affrontare le terribili Caverne Perdute di Machu Picchu, con l’ ”inevitabile” corollario di scorpioni albini, rane velenose, ratti, pipistrelli, anguille elettriche e condor, per salvare la nipote Rhonda e il puma codardo Quickclaw, trovare il favoloso Diamante del Rajà e raccogliere lungo il tortuoso percorso il maggior numero possibile di lingotti d’oro.
La nuova avventura andina dell’intrepido cacciatore di tesori mette realmente alla prova le sue capacità ginnico-acrobatiche, dal momento che il nostro eroe deve nuotare negli oscuri meandri di un fiume sotterraneo, arrischiarsi in vertiginosi salti nel vuoto attraverso pozzi apparentemente senza fondo, volare sospeso ad un mini pallone aerostatico e sfoderare il massimo del tempismo per evitare le insidiose creature che popolano l’oscuro antro.
David Crane, dunque, mette molta carne al fuoco e non si limita a garantire un’avvincente sfida al giocatore che, ad ogni modo, può avvalersi di un “moderno” sistema di restart point e dell’impossibilità di morire (in caso di contatto con il nemico Harry ritorna fluttuando - con annessa perdita di punti proporzionale alla distanza percorsa - all’ultimo “continue point” attivato, visibile come una croce rossa), ma alza parecchio l’asticella tecnica dei titoli per VCS.
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La versione Atari 2600 di Pitfall II presenta un’estetica assai “raffinata”, sfoggiando cromatismi generosi (non manca un “gradiente” non dissimile a quello del “sunset code” di Steve Cartright, raffinatezza già apprezzata in Barnstorming), un buon livello di dettaglio, sprite multicolore immuni da flickerii, fondali animati (il “raging river”) e uno scenografico scrolling verticale che accentua il senso di vertiginosa vastità delle “Caverne Perdute”. Parimenti, il titolo Activision arricchisce l’esperienza di gioco con un vero e proprio tema musicale polifonico che sembra ispirarsi a quello di Indiana Jones e con una rilettura di “Sopra le onde” (“Sobre las Olas”), classico valzer composto nel 1888 dal messicano Juventino Rosas.
Tutti questi preziosismi audiovisivi sarebbero stati pressoché impossibili da attuare sul 2600, così Crane pensò bene di coadiuvare la CPU MOS 6507 e il co-processore TIA della console Atari con un Display Processor Chip proprietario da lui stesso progettato ed opportunamente integrato nella cartuccia di Pitfall II che, così, si distinse per un’estetica di tutto rispetto e per le sorprendenti BGM realizzate avvalendosi di ben 4 canali.
L’adozione di una cart “chippata”, la cura profusa nella grafica, la presenza di brani polifonici e l’eccellente giocabilità si accompagnano ad un box sobrio ed elegante che non manca di recare la sigla dell’autore, vantando peraltro contenuti assai interessanti: un peculiare libretto d’istruzioni “redatto” in forma di diario autografato da Harry Pitfall “in persona” e un poster dall’azzeccato retrogusto filmico che conferma in pieno come l’eroe del platform Activision si proponesse come il “cugino di pixel” del celebre Indy.
PITFALL II PER ATARI 8-BIT FAMILY E ATARI 5200: L’ ”EDIZIONE DELL’AVVENTURIERO” |
Il game character di David Crane replica la sua appassionante ricerca di Rhonda, Quickclaw e del Raj Diamond su tutti i principali sistemi domestici diffusi in quegli anni: Apple II, Atari 5200/Atari 8-bit family, ColecoVision, Commodore 64, MSX, PC, Sega SG-1000 e ZX Spectrum. La sua notorietà è tale da guadagnargli uno spin-off arcade sviluppato su licenza da Sega che inevitabilmente apporta diverse modifiche alla struttura originale e poco dopo le replica nella relativa conversione per la sua console SG-1000.
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Tra le numerose trasposizioni di Pitfall II si distingue quella per Atari 8-bit family/Atari 5200 che reca il sottotitolo “Adventurer’s Edition”. Questo porting per la console che raccoglie l’eredità del 2600 e per vari modelli di home computer a 8 bit prodotti dalla storica casa di Sunnyvale (A800 e serie XL/XE) viene realizzato da Mike Lorenzen sulla base del codice utilizzato da Crane per il VCS. Se la conversione vede la luce in tempi relativamente brevi senza rinunciare ad un moderato miglioramento estetico, apprezzabile nel maggiore dettaglio dei fondali e nella migliore definizione generale, non si può certo dire che l’ ”Adventurer’s Edition” segni quel perfezionamento grafico che ci si sarebbe potuti attendere in considerazione delle più che rispettabili specifiche del 5200, sia pur confrontate con quelle espresse da un titolo “chippato”.
In realtà il Pitfall II sviluppato per la seconda console Atari e per gli home computer a 8 bit prodotti da tale casa beneficia essenzialmente della più “generosa” (rispetto a quella del 2600) capacità offerta dalla cart che, complice la sostanziale “sobrietà” visiva, permette a Lorenzen l’inserimento di un secondo livello di gioco che giustifica la distinzione marcata dal sottotitolo.
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In Pitfall II: The Lost Caverns - Adventurer’s Edition, dunque, si affrontano due differenti mappe con la seconda che, inevitabilmente, ricicla gli elementi grafici della prima “shakerandoli” in un nuovo antro labirintico e aggiunge ai nemici già affrontati (riproposti con pattern più insidiosi) due nuove velocissime creature: le formiche rosse e i piranha. Questa volta Harry non deve salvare parenti e amici, ma trovare alcuni oggetti (una corda, un vaso, un flauto ed un incantatore di serpenti) che, una volta in suo possesso, gli permetteranno di raggiungere la superficie lasciandosi infine alle spalle le terribili Caverne Perdute.
Al di là di un’ottimizzazione “timida” che valorizza solo in parte il 5200 e gli home computer a 8 bit, peraltro destinatari di un porting assolutamente identico a quello per console, il multi-screen platform Activision convince per la pregevole fluidità sfoggiata da sprite e scrolling verticale, per la perfetta risposta ai comandi e per il discreto quanto orecchiabile sonoro che replica la polifonia del capostipite.
Già un titolo di notevolissimo rilievo su 2600, Pitfall II risulta ancora migliore nelle versioni Atari 8-bit family e 5200, con qualche inevitabile riserva dovuta al joystick analogico di quest’ultimo. Se l’originale per VCS e tutte le trasposizioni “single map” possono avere come unica spina nel fianco la longevità, il porting denominato “Adventurer’s Edition” garantisce, in virtù della preziosa extra map, un’esperienza videoludica di ampio respiro e un appagante livello di sfida.
COMMENTO FINALE |
Nonostante siano trascorsi ormai 29 anni dal lancio del capostipite, i primi due titoli della saga di Pitfall non mancano di confermare per l’ennesima volta come l’avventuriero ideato dal grande designer David Crane si sia meritatamente guadagnato quel posto d’onore che occupa nella memoria di innumerevoli gamer. Harry e il suo talentuoso ideatore, infatti, sono entrati a pieno diritto nella storia dei videogiochi e Lost Caverns ha fornito un importante contributo alla loro fama. Questo ambizioso sequel del celebrato Pitfall! migliora il predecessore in ogni aspetto e garantisce una delle più appassionanti ed immersive platform adventure che si possano desiderare dagli hardware domestici diffusi nella prima metà degli anni ʼ80. Se già il notevolissimo Pitfall II per Atari 2600 lascia senza parole per ricchezza delle dinamiche di gioco, validità delle idee e raffinatezza audiovisiva, il porting per Atari 5200/Atari 8-bit family, significativamente sottotitolato Adventurer’s Edition, ne conferma i molti pregi e ne integra i contenuti con un impegnativo livello extra che si traduce in un considerevole incremento della longevità.
Ottobre 2011, Alessio “AlextheLioNet” Bianchi