Intervista a Roberto Nicoletti
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Secondo voi in un blog che tratta retrogaming può mancare l’intervista al fondatore del miglior sito italiano dedicato al grandissimo Commodore 64?
Ovviamente no ed infatti nonostante la sua timidezza sono riuscito ad ottenere una mega intervista da Roberto Nicoletti, fondatore di Ready64 e vera miniera d’oro di materiale per il Commodore 64!
Cosa stiamo aspettando? Che si aprano le danze…
WOPR: Ciao Roberto!
Prima di iniziare vorrei ringraziarti per il tempo che sei riuscito a trovare fra un aggiornamento del tuo sito ed un altro… prometto che ti ruberò solo poco tempo… (promessa da marinaio ovviamente eh eh eh)!
Cominciamo dalla tua infanzia videoludica… quando è avvenuto il tuo primo “contatto” con un computer?
ROBERTO: Ciao Robert, grazie a te per avermi ospitato su Woprbox. Tralasciando i coin-op e le console da casa, il mio primo contatto con un home computer vero e proprio è avvenuto intorno al 1983, quando tra i compagni del periodo cominciò a diffondersi lo ZX Spectrum. Purtroppo o per fortuna, nonostante le insistenze, non sono mai riuscito a farmelo comprare e quindi tutti i pomeriggi mi trasferivo a casa di un amico.
Dopo aver passato quasi un anno su titoli come Atic Atac, Valhalla, The Hobbit, Manic Miner ma sopratutto Jet Set Willy e Football Manager, un bel giorno un secondo amico comprò un nuovo computer appena uscito, il Commodore 64 e mi recai quindi a casa sua per vederlo in azione. Ricordo che all’inizio ero un po’ diffidente perché lo Spectrum mi sembrava già il massimo, però quando vidi ciò che il C64 era in grado di fare restai molto impressionato, se non addirittura sconvolto, anche perché ero molto giovane (circa 13 anni) tanto che ricordo ancora la situazione in maniera molto vivida. Venne caricato un gioco a caso, di preciso Aztec Challenge.
I miei gusti personali si erano formati sulla grafica minimale e le semplici musichette dello Spectrum e quando mi trovai di fronte alla creazione di Paul Norman sperimentai un devastante impatto sensoriale audio-visivo che spazzò via le mie certezze sul “mostriciattolo” (così chiamato affettuosamente) di Sir Clive Sinclair. A parte l’abisso tecnico audio-video evidentissimo, oltretutto, la struttura del gioco in sé era rivoluzionaria: normalmente si assisteva a semplici arcade con mini-sprite inquadrati dall’alto o lateralmente, mentre in Aztec Challenge c’era la figura intera di un corpo inquadrato in terza persona (come diremmo oggi) e la piramide sullo sfondo che invece di essere fissa si avvicinava sempre più.
A rivederlo oggi non provo più le stesse sensazioni di allora perché è passato troppo tempo e il contesto è mutato radicalmente ma in quel momento rimasi folgorato e capii di trovarmi davanti ad una novità rivoluzionaria! E naturalmente quando finalmente il computer arrivò, nel dicembre del 1984, era un Commodore 64… Insomma, essere costretto ad aspettare si è rivelato un vantaggio, così ho potuto osservare in prima persona entrambe le macchine e valutare in maniera consapevole!
Lo so, è una storia lunga e noiosa, infatti cerco di non raccontarla mai alle feste.
WOPR: Noiosa non credo assolutamente, anzi è curioso conoscere come ognuno di noi sia approdato al C64 a quei tempi. Gli anni ʼ80, come tu converrai, sono stati caratterizzati da un’atmosfera particolare per quando riguarda l’informatica: entrando in un qualsiasi negozio potevi osservare le schermate blu del Basic del Vic-20 prima e del Commodore 64 poi in esposizione che mettevano in mostra le loro enormi (per l’epoca) capacità… io ad esempio quando vedevo tutto ciò mi sentivo in un sorta di paese dei balocchi “informatico” pensando a quello che avrei potuto fare se avessi avuto fra le mani uno di questi mostri… Tu provavi la stessa sensazione?
ROBERTO: C’era sicuramente un’atmosfera irripetibile. Va detto che la memoria riveste una parte influente e ammanta tutte le situazioni di un’aura magica ma oggettivamente c’è la consapevolezza di aver vissuto una fase unica, in cui si scopriva la tecnologia in un momento in cui non c’era nulla di preesistente. Sicuramente i ragazzini di oggi provano circa le stesse emozioni che provavamo noi, magari con differenti sfumature, ma nascono già immersi in una società fortemente tecnologicizzata e probabilmente per loro il computer rappresenta qualcosa di normale e scontato.
Parlando di negozi, ricordo che il Bit Primavera di Rimini era una sorta di antro oscuro, illuminato solo dai bagliori provenienti da computer di vari modelli mentre le musichette elettroniche e gli effetti sonori provenenti dai videogame si sovrapponevano creando un ambiente quasi onirico. Tanto che quando entravo mi sembrava di varcare la soglia di un altra dimensione.
Oggi i computer si trovano in ipermercati abbaglianti e rumorosi, con canzoncine banali di sottofondo, e l’atmosfera che si respira mi sembra decisamente meno magica e più consumistica.
WOPR: Quali ricordi hai degli interminabili listati in Basic che tutti noi copiavamo dalle storiche riviste dell’epoca (Program in primis)?
ROBERTO: Ripensandoci, le riviste che mi attiravano di più erano proprio quelle “tecniche”, con listati da digitare, mentre chissà perché tendevo ad escludere quelle incentrate sulle recensioni dei giochi. I miei acquisti più frequenti erano Commodore di Systems Editoriale, Papersoft, Super Commodore 64 della Jackson, le enciclopedie INPUT (che era piena di errori e successive errata corrige) e Il mio Computer oltre, ovviamente, a tante altre acquistate sporadicamente.
Ricopiare listati in realtà era sempre un compito meramente manuale e quindi monotono: le linee del programma non erano quasi mai supportate da spiegazioni, così nemmeno dal punto di vista didattico servivano granché.
Inoltre già dopo i primi listati digitati avevo capito l’andazzo: erano più o meno tutti giochini incerti e scattosi e la parte più divertente era costituita dalla digitazione e non dal giocarli veramente. C’era qualcosa di perverso in tutto ciò, così magari li digitavo, li controllavo un po’ e poi passavo a cose più “serie”, come giocare ad Impossible Mission o Wizard of Wor.
Quando capii la situazione incominciai a deridere le fantasiose descrizioni che introducevano i type-in e che riuscivano perfettamente nel tentativo di stimolare la curiosità inducendoti all’immissione dei dati. Tu sapevi benissimo che ti aspettava una schifezza ma digitavi ugualmente.
Faceva un po’ parte del gioco, diciamo!
WOPR: Infatti nella maggior parte dei casi poi, dopo un’ora passata a scrivere codice, il programma non funzionava e quindi via con un’altra ora di ricerca all’errore fra le righe del Basic…
ROBERTO: Questa è un’altra delle classiche situazioni che più o meno tutti abbiamo sperimentato: quando incappavi in un SINTAX ERROR? non c’erano problemi e bastava correggere la riga incriminata. A volte, però, gli errori erano più subdoli e si annidavano tra linee DATA oppure in qualche POKE che osava accedere ad aree di memoria riservata!
Per non parlare poi di quelle situazioni in cui il gioco, pur non dando errori evidenti, si comportava in maniera anomala: allora non sapevi dove iniziare a cercare e dovevi ricontrollare tutto dalla prima riga…
Un programma che mi fece particolarmente dannare fu Soccer 64, realizzato da un certo J. Di Pasquale e pubblicato su Papersoft nel 1984. Dopo averlo digitato una prima volta e verificato altre 4–5 non voleva saperne di funzionare e quindi decisi di ribatterlo daccapo!
Dopo molta fatica la seconda volta andò meglio, tanto che il programma sembrava girare benone. Ma dopo 25 anni, in occasione della pubblicazione del gioco su Ready64, l’ho ricontrollato ed ho scoperto ulteriori errori. Ho corretto anche questi e da allora ho deciso di non disturbarlo più e lasciarlo finalmente riposare in pace.
WOPR: Oppure la testina del registratore che andava fuori taratura e allora sotto con il cacciavite a regolarla… Ah che bei tempi! Ci racconti qualche aneddoto al riguardo (cassette con il nastro impigliato nella testina o lavori persi per non avere fatto un backup su cassetta)?
ROBERTO: Come tutti anche io avevo messo a punto i miei riti Voodoo personali e cercavo di tenere comportamenti così accorti che superavano il limite del ridicolo. Per esempio entravo o uscivo dalla stanza camminando in punta di piedi per non provocare vibrazioni dannose, mentre nei casi più estremi mi curavo di sistemare gli oggetti sulla scrivania nel modo esatto in cui erano l’ultima volta che il programma si era caricato, eccetera.
Ho un rimpianto per due giochi in particolare che non sono mai riuscito a fare funzionare, cioè Daley’s Thompson Decathlon e Ghosts’n Goblins: il primo era una copia dell’originale, il secondo era la versione pirata da edicola intitolata Zombi; in questi casi però era colpa della dubbia provenienza dei programmi, il povero datasette non c’entrava nulla!
Devo dire che non ho mai desiderato un disk-drive, se non per giocare agli RPG che non giravano su nastro, ma non ho mai disprezzato il datasette. Oggi naturalmente il drive è diventato fondamentale per me!
WOPR: Wow!! Pensavo di essere l’unico ad avere comportamenti maniacali ed invece mi scopro in buona compagnia eheheh! Torniamo seri… sei capace di programmare? Se sì in quale linguaggio?
ROBERTO: In realtà non ho mai approfondito più di tanto la programmazione. Negli anni ʼ80 mi limitavo a sperimentare un po’ in BASIC ma con dubbi risultati mentre oggi più che ai linguaggi sono interessato agli aspetti artistici (nel mio piccolo), in particolare alla realizzazione di schermate bitmap, per intenderci quelle che venivano visualizzate durante il caricamento dei giochi su cassetta. Ogni tanto mi diverto a disegnarne qualcuna e a pubblicarla su CSDb, il database dedicato alla scena C64, ed a parte questo mi è capitato anche di realizzare sprite e grafica per qualche piccolo giochino senza pretese.
Anche all’epoca tentai qualche approccio alla grafica ma i pixel rettangolari imposti dal VIC-II mi tennero alla larga. Oggi invece lo trovo un limite molto stimolante, anche perché ispirato da quello che sono riusciti a realizzare alcuni grandi artisti della grafica!
WOPR: Il tuo Commodore 64 veniva utilizzato prevalentemente per giocare o per scrivere programmi?
ROBERTO: Inizialmente il tempo era suddiviso più o meno in maniera equa: per quanto riguarda la programmazione, una volta incontrati i primi scogli, ho smesso di apprendere e mi sono limitato ad usare quel poco che sapevo; mi sarebbe piaciuto creare un gioco (sfizio che mi sarei tolto solo 20 anni dopo) e mi stimolava la possibilità di creare dei “mondi” e delle ambientazioni ma non avendo una mente orientata alla programmazione né, in fondo, una passione così viscerale per la logica, non sono mai andato troppo lontano.
In seguito direi che mi dedicai prevalentemente a giocare ma è difficile quantificare il tempo con esattezza, oggi il ricordo è molto sfumato…
WOPR: Il gioco o i giochi che non potrai mai dimenticare e che ti porteresti sulla famosa isola deserta?
ROBERTO: Sarei indeciso tra i giochi che preferisco e quelli che invece non ho mai fatto in tempo a giocare. Probabilmente darei la preferenza a questi ultimi perché mi piace scoprire cose nuove invece che languire nel passato o ripetere cose già fatte.
Comunque, per citare qualcuno tra i giochi che hanno lasciato un segno, potrei dire Ghostbusters, Impossible Mission o Archon perché che a mio avviso hanno portato il C64 in una nuova dimensione dal punto vista grafico, concettuale o tecnico rispetto ai giochi che li hanno preceduti.
Poi queste barriere naturalmente sono state superate da altri giochi venuti successivamente grazie anche alla straordinaria longevità del C64; cito volentieri anche Pitfall II, Highnoon, BC’s Quest for Tyres o Wizard of War perché ho dei ricordi piacevoli legati ad essi.
Ovviamente ce ne sono tanti altri che non mi vengono in mente!
WOPR: Possiedi ancora il tuo Commodore 64 o hai fatto l’errore che hanno fatto in molti di venderlo o buttarlo per comprarsi altri computer (magari l’Amiga…)?
ROBERTO. Purtroppo non ho più il mio C64 storico, dovetti cederlo in cambio di liquidi da reinvestire per passare all’Amiga. Per quanto mi riguarda, all’epoca non c’era una valutazione affettiva in queste scelte, ero soprattutto teso all’ultima novità tecnologica. Mi sembra un atteggiamento naturale considerato che il settore era in fortissima evoluzione e che tra le due macchine l’abisso non era affatto trascurabile.
Del resto anche riviste come Commodore Computer Club riflettevano questo modo di pensare e ad un certo punto iniziarono a caldeggiare il passaggio a sistemi superiori come appunto l’Amiga o Ms-Dos.
Soprattutto, dopo tanti anni (dall’84 al 90–92) ero arrivato al punto in cui il C64 mi aveva davvero dato tutto e l’interesse era ormai svanito.
Oggi ovviamente un po’ mi dispiace, ma sono scelte figlie del momento e quindi non bisognerebbe avere rimpianti. Il mio Amiga originale invece lo conservo ancora ma non lo uso praticamente mai.
Per ora, almeno… poi chissà!
WOPR: Sappiamo che sei il fondatore di un ottimo sito relativo al Commodore 64… com’è nata l’idea di aprire un sito simile? Puro divertimento o per raggiungere un obiettivo ben preciso?
Ready64 nasce nel 2002 dall’unione di due passioni: la realizzazione di siti (nel frattempo un po’ scemata) e un ridestato interesse verso il Commodore 64.
Fu una sopresa scoprire l’emulazione e l’esistenza di vivacissime community internazionali e mi venne la voglia di provare a fare qualcosa in questo campo. Naturalmente l’obiettivo era quello di divertirsi in maniera costruttiva, realizzando e raccogliendo contenuti che poi potessero essere fruiti da un grande numero di persone, in modo che queste a loro volta fossero invogliate a contribuire, e così via.
Il divertimento è rimasto intatto ancora oggi anche se devo constatare che dopo così tanto tempo alcuni aspetti cominciano ad essere un po’ logoranti ma nonostante tutto vanno ugualmente seguiti.
WOPR: Quante persone collaborano alla realizzazione ed alla gestione del sito?
ROBERTO: Difficile dire un numero esatto: c’è una cerchia ristretta di persone che partecipa in maniera più o meno assidua e poi ci sono tantissimi utenti che collaborano saltuariamente.
Contando tutti, in quasi otto anni di vita sono circa un centinaio le persone che hanno inviato almeno un piccolo contributo… sicuramente si tratta di un buon numero in termini assoluti, però relativamente al tempo di vita del sito forse speravo di fare anche un po’ di più.
Ma questo è probabilmente dovuto al fatto che non mi accontento mai. È un mio difetto!
WOPR: Come deve procedere il lettore che volesse collaborare con Ready64 o semplicemente inviare del materiale da pubblicare?
ROBERTO: Premetto che quello della collaborazione è un aspetto delicato da gestire; di volta in volta occorre valutare insieme al candidato la lista di materiale proposta, la modalità con cui per esempio eseguire una scansione, evitando sovrapposizioni ed altri dettagli di questo tipo. Come ho già detto, sono circa un centinaio i contatti ricevuti nel corso di molti anni, ognuno necessita di essere seguito e purtroppo questo è forse uno degli aspetti più onerosi.
Collaborare comunque è semplice, c’è una sezione apposta contenente delle linee guida che cerco di migliorare con l’esperienza per far sì che l’operazione, se non totalmente automatizzata, sia il più semplice possibile per tutti.
WOPR: Alla Reunion Simulmondo del 20 Marzo ho appreso che stai realizzando il porting su C64 di un vecchio gioco per Amiga!!! Ci puoi dire com’è nata l’idea?
ROBERTO: Pushover64 è un progetto nato su Ready64 e probabilmente senza la forza aggregante offerta dal sito l’idea non sarebbe nemmeno nata. Però, detto questo, bisogna assolutamente sottolineare che io personalmente non ho alcun coinvolgimento diretto nel suo sviluppo e quindi non posso prendermi nessun merito. Il mio apporto si è limitato all’ottimizzazione del logo Ocean che compare nell’intro e all’allestimento di un mini-sito ufficiale.
Ho anche realizzato una bitmap dedicata al gioco che si può considerare come una sorta di omaggio verso questa iniziativa.
La schermata in bitmap di Pushover 64 |
WOPR: Come potrebbe, secondo te, migliorare ulteriormente Ready64 o cosa ti piacerebbe poter offrire ai tuoi lettori?
ROBERTO: Margini di miglioramento ce ne sarebbero tanti ma ovviamente si scontrano con i limiti di tempo disponibile. Nel frattempo provo a trarre insegnamento dal passato e a questo proposito ci sarebbe una riflessione da fare: uno degli aspetti salienti del Commodore 64 è stata la straordinaria longevità che gli ha permesso, partendo da giochi come Attack of Mutant Camels, di arrivare a mostrare qualcosa di straordinariamente evoluto come Turrican.
Se per assurdo il C64 fosse durato un paio di anni non sarebbe mai stato sfruttato in lungo e in largo, e credo che sostanzialmente questa regola si possa applicare anche ad un sito o a qualsiasi altra attività umana: per più tempo ci si lavora e con passione, migliore sarà il risultato finale.
Quindi sostanzialmente quello che cercherò di garantire è di mantenere Ready64 sempre attivo, sperando sempre che l’entusiasmo mi sostenga ancora a lungo!
Per il resto, sai, penso che il concetto di “lettore passivo” sia piuttosto superato con l’avvento di Internet. Aveva un senso ai tempi delle riviste cartacee, quando tu acquistavi un prodotto fatto da professionisti ed eri giustamente portato ad avere una determinata aspettativa; tra il lettore e il redattore poi c’era una sorta di barriera invalicabile e i ruoli erano rigidi e ben definiti.
Oggi invece chiunque può prendere parte attiva al processo di creazione in mille modi e spero quindi che sempre più lettori smettano di essere tali e decidano di passare all’azione in prima persona.
WOPR: Prova a dare un consiglio ai giovani che volessero conoscere più a fondo questa straordinaria macchina Commodore o intraprendere la strada del collezionismo…
ROBERTO: Nel caso del collezionismo di riviste e software consiglio senz’altro di condividere le proprie risorse attraverso un’opera di digitalizzazione e diffusione sul web. Credo che ciò arricchisca tutti e che possa essere un complemento fondamentale a realtà come l’Archivio Videoludico di Bologna, per esempio, in cui i supporti vengono preservati nella loro forma fisica e messi a disposizione del pubblico.
C’è motivo di pensare che in futuro i musei dedicati a questa materia saranno sempre di più e questa è una cosa molto positiva.
Le raccolte private di hardware sono senza dubbio un bene, è grazie all’iniziativa di singoli appassionati che importanti pezzi di storia sono stati salvati dall’oblio. Nel mio caso devo anche ammettere che avere 3000 computer immagazzinati e non usarli mai non fa per me, preferisco tenere solo ciò che uso e qualche pezzo di scorta, quindi personalmente non mi posso definire un collezionista.
WOPR: Purtroppo l’intervista è giunta al termine e ringrazio quindi Roberto per le esaurienti ed articolate risposte che non potranno non appassionare i nostalgici del grande Commodore 64!!
ROBERTO: Grazie a te per avermi permesso di sproloquiare liberamente e in bocca al lupo a Woprbox!
Ricordo a tutti i lettori che il sito di Roberto Nicoletti è raggiungibile a questo indirizzo; visitatelo e se potete contribuite… ne abbiamo tutti bisogno!!
Maggio 2010, Robert Grechi