Intervista a Fabrizio Farenga


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WOPR: Ciao Fabrizio! Prima di tutto ti ringrazio per aver accettato di parlare un’altra volta del tuo passato (e del tuo presente) videoludico… chissà quante persone ti hanno rivolto le stesse domande che ti rivolgerò io fra poco! Tenterò quindi di renderla un po’ diversa dalle altre… speriamo di riuscire nell’intento! Cominciamo con la classica domanda anagrafica: dove e quando nasce Fabrizio Farenga?
FABRIZIO: Sono nato a Roma il 3 settembre del 1974, in una classica famiglia media italiana, nella quale nessuno si era mai occupato di tecnologia fino a quel momento. Mia madre insegnante e mio padre dipendente di banca, non avevano nessun interesse nelle tecnologie e così nessuno dei nostri parenti più vicini. Questo mi ha reso ovviamente la “pecora tecnologica” della famiglia con relativi vantaggi e svantaggi.

WOPR: Qual è stata la prima macchina sulla quale hai “messo le mani” e a quanti anni?
FABRIZIO: L’interesse per i computer è iniziato quando avevo circa 10 anni (nel 1984), a casa di un vicino, mio coetaneo, il cui padre (beato lui!) aveva un fantastico Apple II. Il primo impatto con questa meravigliosa macchina è stato ovviamente molto limitato. Avevo poche possibilità di “sperimentare” e nel poco tempo che ci trascorsi davanti ebbi la possibilità di provare qualche videogame e i primi programmi di grafica che cominciavano ad affacciarsi sul mercato.
In seguito, nel 1985, riuscii a farmi regalare dai miei genitori un Commodore. In realtà io speravo di ricevere un Commodore 64 ma visto che all’epoca era ancora abbastanza costoso, i miei ripiegarono su un Commodore 16. Dopotutto ai loro occhi era solo un giocattolo, quindi non c’era motivo di spendere inutilmente delle grosse cifre. Ricordo ancora con affetto il Commodore 16: era una macchina uscita da poco e quindi era difficile reperirne il software, per non parlare della documentazione. Avevo a disposizione esclusivamente il registratore a cassette e alcuni semplici videogame della Mantra Software che utilizzavano il set di caratteri standard per disegnare la grafica, veramente orribili! Questo mi spinse a cominciare a studiare il manuale in dotazione della macchina nella quale era descritto il Basic per addentrarmi nella programmazione.
Erano i tempi in cui tutti eravamo eccitati da film come War Games e da storie e leggende sulle intrusioni nei computer della Nasa quindi i primi “giochi” da me creati, se così possiamo chiamarli, erano dei programmi in Basic che simulavano la login nei computer della Nasa e mettevano a disposizione dell’utente dei semplici menù testuali per navigarci. Una sorta di simulatore d’intrusione….

WOPR: A quale scopo utilizzavi il computer: divertimento e giochi o studio e programmazione?
FABRIZIO: Ovviamente al primo posto c’erano i videogiochi. Dopo alcuni mesi scoprii che in edicola venivano vendute delle riviste con cassetta allegata, con una serie di giochi all’interno. Inizialmente queste riviste erano solo per Commodore 64 ma fortunatamente iniziarono ad essere distribuite delle versioni C64 / C16, delle quali io potevo finalmente usufruire. Dopo circa un anno l’Editrice Foglia, già nota per la rivista Full Games dedicata al Commodore 64, uscì con una pubblicazione dedicata al Commodore 16, di cui al momento non ricordo il nome ma che conteneva dei giochi veramente di qualità.
Subito dopo veniva la programmazione: come ho spiegato prima, il Basic era l’unica cosa che fosse documentata nel manuale fornito dalla Commodore e quindi oltre quello non si poteva andare. Una delle cose belle del Commodore 16 era la presenza di un disassemblatore integrato che credo s’invocasse con il comando MONITOR.

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Un documento d’epoca…   Martyn Brown scrive a Fabrizio…

Senza documentazione però non era utilizzabile! Inoltre mi mancava qualsiasi informazione su memoria video, chipset, etc… era una situazione molto frustrante!
Per quanto riguarda lo studio… a riguardo mi scappa un sorriso. C’è davvero qualcuno che abbia mai studiato con un Commodore, un MSX o uno Spectrum? Mi spiego meglio… all’epoca non è che ci fosse Wikipedia o Internet; i fogli elettronici o i Word Processor erano molto arretrati. Inoltre senza stampante (come nel mio caso) non potevi avere un output e comunque non avresti certo potuto portare un testo stampato a scuola… Nel migliore dei casi, avrebbero pensato fosse una fotocopia di un libro. Insomma, anche volendo, non c’era nulla che mi potesse aiutare per gli studi! Eppure le varie aziende propagandavano gli home computer come “utili allo studio”… Miracoli del marketing!

WOPR: Ti consideri un “ex nerd” (termine molto in voga negli anni ʼ80 per indicare un ragazzo solitamente chiuso tutto il giorno nella sua stanza a programmare tralasciando amici, affetti e bisogni fisiologici vari) oppure utilizzavi saltuariamente il computer?
FABRIZIO: Indubbiamente ho sempre preferito passare il tempo dietro al computer piuttosto che giocare a pallone o fare attività all’aria aperta e questo sicuramente non ha aiutato le mie relazioni interpersonali. Ma devo dire che lo rifarei!
L’unica cosa che rimpiango dei bei tempi andati, quando non vedevo l’ora che la scuola finisse e arrivassero le vacanze per potermi dedicare ai computer, è stata la mancanza di canali di comunicazione con il mondo esterno. Ero solo un ragazzino e non potevo certo viaggiare da solo ma tra gli anni ottanta e novanta ci sono stati tanti eventi a cui oggi mi dispiace veramente non aver potuto partecipare: dalle fiere dell’informatica negli USA, ai “party” della demoscene nel nord Europa.
Ad ogni modo essere cresciuto “come un nerd” non mi ha creato particolari problemi, ed oggi sono felicemente sposato e neo-papà di una bellissima bambina!

WOPR: I tuoi genitori cosa pensavano di questa passione? Condividevano il tuo interesse o erano contrari?
FABRIZIO: I miei genitori non hanno mai ostacolato la mia passione, anzi, quando hanno potuto mi hanno aiutato, acquistandomi le macchine che ho posseduto nel periodo dell’adolescenza: un Commodore 16, un Commodore 64 e un Amiga 500. Di contro non condividevano l’interesse per questi strumenti ed erano molto preoccupati che il loro utilizzo potesse intaccare il mio rendimento scolastico. E devo dire che avevano ragione! Io avrei smesso di studiare pur di seguire la mia passione e soprattutto ai tempi del liceo, ho dovuto subire mio malgrado alcune limitazioni all’uso del computer. Personalmente non posso confermarlo ma a tutt’oggi mio padre mi rammenta che il mio rendimento scolastico saliva automaticamente non appena mettevano i sigilli al mio Commodore 64 e riscendeva non appena mi consentivano di utilizzarlo senza limiti…

WOPR: Torniamo a te! Hai imparato da solo a programmare o hai seguito qualche corso o scuola specifica?
FABRIZIO: Questo è per me un punto d’onore: nella mia vita non ho mai seguito nessun tipo di corso di informatica. Tutto ciò che ho imparato, l’ho fatto semplicemente sperimentando, leggendo riviste, libri di informatica e confrontandomi con altri esperti e appassionati. La mancanza di basi teoriche l’ho sempre compensata con tantissima pratica e questo bagaglio di esperienza “sul campo” a tutt’oggi mi è utilissimo per affrontare i problemi tecnici che incontro sul lavoro!

WOPR: Direi che hai davvero dei buoni motivi per andarne fiero…! Quale linguaggio di programmazione conosci?
FABRIZIO: Nella mia vita di coder ho avuto a che fare con tantissimi linguaggi: probabilmente ho scritto software in oltre 20 idiomi differenti: dal Commodore Basic all’Assembly del Motorola, dal Turbo Pascal al linguaggio C, passando per Visual Basic, Java, C++ e così via!
Non mi reputo un super-esperto di nessun linguaggio in particolare ma la mia capacità è sempre stata quella di apprendere velocemente le basi di un linguaggio e metterle subito in pratica per realizzarci qualcosa. Molto spesso invece, incontro persone che studiano un linguaggio a lungo prima di iniziare a scrivere un vero programma e questo approccio secondo me è sbagliato: solo scontrandoti con le difficoltà pratiche diventi padrone di un ambiente di programmazione.
È come con le lingue straniere, puoi studiarle sui libri per 10 anni ma se non le parli mai…

WOPR: Cosa ti ha spinto ad avvicinarti al mondo del computer e nello specifico alla programmazione?
FABRIZIO: Dei computer mi ha sempre appassionato una cosa in particolare: il fatto che tu potessi dargli una sequenza di comandi che loro avrebbero eseguito esattamente come ordinato e che in caso di errori avresti potuto provare e riprovare fino a trovare la sequenza giusta, senza doverti confrontare con qualcuno che “si stufa” o ti critica per i tuoi continui errori. Quando sviluppi un algoritmo e sei concentrato al 100%, il rapporto tra il programmatore e la macchina diventa un qualcosa di intimo, nulla di paragonabile a qualunque altra cosa si faccia nella vita.
Sin da quando ero un ragazzo mi capita di dover affrontare la risoluzione di problemi di programmazione, magari la scrittura di un frammento di codice che abbia una difficoltà particolare, e quando sono focalizzato, può capitare che inizi alle 10 di mattina e continui ininterrottamente fino alle 3–4 del mattino successivo. In questi casi il mio cervello entra in una sorta di simbiosi con la macchina su cui sto lavorando, mi astraggo da qualunque altra cosa, non mangio, non bevo e non ho sonno fino a quando non trovo una soluzione al problema!!
Di contro però non mi reputo un perfezionista assoluto…. Il mio obiettivo è che la cosa funzioni non che sia perfetta. Deve sembrare perfetta dall’esterno e in questo si trova l’altra grande molla che mi spinge a fare il programmatore: per l’utente, quando l’applicazione funziona, tutto è perfetto; utilizzando un videogame che funziona senza problemi non guardi com’è fatto dentro e non ti poni il problema se sia scritto in modo elegante o meno. Giochi e ti diverti, anche se il programmatore per realizzarlo ha fatto dello Spaghetti coding…!
In definitiva quello che mi piace della programmazione è il fatto che le persone apprezzano le mie creazioni anche se la strada che ho seguito non è quella ottimale o raccomandata. In altri ambiti questo non è possibile e le persone non ti giudicano solo per il risultato finale ma anche per come lo hai raggiunto.
Bene, a me piace essere giudicato solo per il prodotto finito, come l’ho realizzato sono fatti miei!

WOPR: Quand’è nata la tua passione per i videogame e qual è il videogioco che ricordi con maggior affetto (naturalmente non fra quelli realizzati da te)?
FABRIZIO: Gli home computer e i videogame sono sempre stati legati in modo indissolubile. Se possedevi un Commodore 64 o un Amiga 500, anche se eri appassionatissimo di programmazione non potevi non farti coinvolgere ogni tanto. Non c’è un titolo in particolare a cui sono eccessivamente legato ma ricordo con estremo affetto Maniac Mansion, Defender of the Crown , Ghost & Goblins, Bubble Bobble e Paradroid per Commodore 64, Xenon 2 Megablast, Lotus Esprit Turbo Challenge, Turrican per Amiga.
Pensandoci meglio in effetti c’è un videogame a cui sono oltremodo legato (anche se paradossalmente la versione che preferisco è quella arcade) e per questo non mi è venuto subito in mente parlando di computer: Out Run! (anche perché le conversioni per sistemi casalinghi, a parte quella per il Dreamcast, facevano veramente pena! Soprattutto quella per il mio amatissimo Amiga… anzi questa è proprio la peggiore!! Potete verificare quello che sto dicendo in un mio precedente post! NdWopr).
A tutt’oggi mi capita di ascoltare il CD con la colonna sonora di questo gioco quando guido (siamo in due allora…, io l’ascolto sul mio lettore Mp3…)!! Conservo ancora una copia di Videogiochi, la storica rivista del Gruppo Editoriale Jackson, nel quale veniva recensita la versione originale… (Spettacolo!! Mi devi scannerizzare l’articolo allora!!! NdWopr).
Successivamente sono sempre rimasto deluso delle conversioni di questo mitico gioco di corse pubblicate per i vari home computer (Appunto! NdWopr) ma fortunatamente alla fine è uscito l’emulatore System 16 per PC, grazie al quale mi ci sono potuto “sfogare per bene”. In sala giochi ogni partita mi costava ben 500 lire!

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Un’altra lettera di Martyn…

Se poi ci allarghiamo al mondo PC sono stato un grande giocatore delle prime avventure della Sierra On-line: Police Quest, The Colonel’s Bequest, Manhunter e poi di giochi come Rail-Road Tycoon, Transport Tycoon, Sim-City (questo anche su Amiga), e infine mi sono appassionato gli strategici di guerra come Command & Conquer!
Insomma ho giocato tanto ma da qualche anno ho smesso…. Mia figlia però sta crescendo rapidamente, fra poco comincerà ad essere in grado di tenere un joypad in mano e quindi potrei avere un ritorno di fiamma…

WOPR: Quando hai capito che la tua passione sarebbe potuta diventare un lavoro?
FABRIZIO: Devo dirti la verità? Sin da subito!
Mi spiego meglio… ho sempre avuto una mentalità orientata “al business”, quindi non appena mi sono reso conto che ero in grado di fare quello che gente “comune” riteneva una strana alchimia, ossia scrivere software, ho cercato subito di mettere a frutto questa mia passione. Ai tempi della scuola media ero “presidente” di un Club del Commodore 16, per il quale l’iscrizione si pagava 10.000 lire e a fronte di cui producevo una newsletter e tenevo “corsi” di Basic. Poi in seguito ho tentato di realizzare un videogame strategico di calcio su Commodore 64 per una pseudo software house di Pescara, ma erano i tempi del liceo e non avevo il tempo e le capacità per realizzare un prodotto così sofisticato. Poi finalmente mi sono diplomato, avevo già fatto un bel po’ di esperienza sul campo e mi sono “buttato”!

WOPR: Holodream Software… Ti dice nulla questo nome?
FABRIZIO: Holodream è stato il primo grande “progetto” a cui ho partecipato seriamente…
Prima di allora avevo solo tentato di creare una piccola software house ma senza grandi risultati; Holodream Software invece è stata da subito vincente, grazie al fatto che potevamo contare sull’apporto di ottimi artisti, ognuno esperto nel proprio campo. Concepita da Raffaele Valensise (di cui trovate un’intervista qui… NdWopr), Holodream era un vero e proprio team di sviluppo con tutte le professionalità necessarie: due programmatori (io e Francesco Simula), due grafici (Raffaele Valensise e Alfredo Siragusa)(di cui presto troverete una succosa intervista! NdWopr), un esperto di musica (Nicola Tomljanovich) e un Project Manager (sempre Valensise)!

WOPR: Come hai conosciuto i tuoi futuri colleghi Raffaele Valensise e Alfredo Siragusa?
FABRIZIO: La storia è andata in questo modo: io e Francesco Simula, che all’epoca era uno dei miei amici più vicini e che a sua volta mi ha iniziato alle gioie dell’Assembly, avevamo letto su Commodore Gazette uno speciale sulla Genias, la software house di Bologna che aveva in cantiere grandi progetti. Leggemmo del mitico Dragon’s Kingdom di Francesco “Matro” Martire e di tanti altri progetti per Amiga e C64. Decidemmo quindi di contattare la Genias per proporci come programmatori approntando una piccola demo. Si trattava di un banale gioco di avventura a risposte multiple, ispirato ai librogame di “Lupo Solitario” nel quale ogni schermata visualizzava un’immagine e proponeva delle scelte al giocatore. Non ricordo il titolo del gioco ma avevamo creato una storia poliziesca, nel quale bisognava scoprire l’assassino: le foto utilizzate erano state riprese con una videocamera a casa dei miei e digitalizzate in bianco e nero con Amiga-Eye! Fu un esperimento molto divertente e ricordo ancora la scena del cadavere, nel mio salotto, circondato da nastro isolante bianco e con vari segnaposto a lettere, in stile “scena del crimine”, che avevamo ripreso dall’alto utilizzando una scala…!
Trattandosi di una demo, il gioco non era molto complesso, ma era stato arricchito da alcuni effetti speciali per le transizioni da una schermata all’altra. Impacchettammo il tutto e spedimmo i floppy con la nostra creazione a Castenaso (la sede Genias… NdWopr).
A quanto pare fu proprio questa mia capacità di realizzare degli scrolling fluidi di immagini fotografiche che colpì la Genias, più che il concept di un’avventura che non avevano nessuna intenzione di pubblicare. Quindi, dopo qualche settimana, fui contattato direttamente da Raffaele Valensise, il referente Genias di Roma, che organizzò un’incontro per proporci di lavorare ad un concept su cui stava lavorando. Fu proprio alla prima riunione che conobbi Alfredo Siragusa, con cui collaboro tutt’oggi!

WOPR: Una software house completamente italiana quindi anche se molta gente, dopo aver giocato ad uno dei vostri maggiori successi per Amiga, stentava ancora a credere che fossero italiani i creatori del titolo in questione… Hai capito a quale gioco mi riferisco?
FABRIZIO: Certamente ti riferisci ad F17 Challenge, il nostro simulatore di Formula 1 pubblicato in tutta Europa dal Team 17! Credo fu il primo gioco realizzato da un team Italiano ad essere distribuito da una delle mitiche software house inglesi dell’epoca!

https://www.youtube.com/embed/Yw4yRmO6V_k

WOPR: Ci racconti qualcosa riguardo alla sua realizzazione? Aneddoti, difficoltà tecniche riscontrate durante la creazione o idee non inserite nella versione finale?
FABRIZIO: Devo dire che dietro alla realizzazione di ogni gioco c’è sempre tanto di quel lavoro che si potrebbe probabilmente scrivere un libro a riguardo. Cominciamo con il dire com’è nata l’idea di realizzarlo: avevamo appena completato Top Wrestling, il nostro primo gioco “commerciale” e al tempo pensavamo di continuare a lavorare per la Genias. L’idea di Valensise era di creare un filone di giochi sportivi di grande richiamo: visto che di giochi di calcio ce n’erano vari e il Wrestling lo avevamo già “coperto”, ci buttammo sulla Formula 1 certi di avere la chance di realizzare un prodotto che avrebbe avuto un buon successo!
All’epoca stava andando forte il primo Lotus Esprit Turbo Challenge, un gioco di corse da cui traemmo notevole ispirazione tecnica e da cui stavano nascendo alcuni cloni. Inoltre ci rincuorava il fatto che, a parte alcuni titoli con vista dall’alto, non esisteva per Amiga un gioco arcade di Formula 1 con vista “da dietro”, come Lotus appunto…
La parte tecnicamente più complessa fu la realizzazione di una pista dall’aspetto realistico e veloce: per questo tipo di cose, su Amiga si utilizzava pesantemente il processore Copper che consentiva di far muovere dall’alto in basso delle fasce di colore alternato che davano il senso del movimento. La base della pista infatti era una sorta di triangolo dal colore dell’asfalto, ai lati del quale si trovavano due spesse righe bianche a delimitare il percorso e a seguire del “rassicurante” verde prato…
Fatta la pista bisognava animarla e il Copper era lì apposta per far scorrere delle fasce di colore e dare la sensazione del movimento; bisognava però inventarsi un sistema per le curve e per questo si doveva utilizzare un po’ di trigonometria, tutt’altro che facile in Assembly! Feci quindi vari esperimenti con un linguaggio di alto livello che metteva a disposizione questo tipo di funzioni, lʼAmos Basic, e generai delle tabelle pre-calcolate che mi consentivano di applicare la curvatura in tempo reale… al 50esimo di secondo si diceva all’epoca!
Poi si aggiunsero le cunette, i cartelloni stradali, l’orizzonte e tutto il resto…

Parlando di aneddoti posso dirti che all’inizio il gioco si chiamava Top F1 Challenge, per rappresentare il seguito ideale di Top Wrestling, poi variato in F1 Challenge nel momento in cui riuscimmo a farlo notare alla Team 17. Solo a poche settimane dalla pubblicazione ci chiesero di cambiare di nuovo il nome, in quanto la FIA aveva minacciato di fare causa se fosse stato utilizzato il nome F1, che era un loro marchio. Proposi a Martyn Brown (Project Manager Team 17) il nome F17 Challenge e fu accettato!

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Un altro documento storico…   Top Wrestling

Ricordo anche che Alfredo e Raffaele dovettero fare numerose modifiche agli sfondi e ai cartelli stradali: in un eccesso di euforia, avevamo volutamente storpiato i nomi degli sponsor più famosi della Formula 1, ispirandoci ad un famosa storia del fumetto “Topolino” ambientata nel mondo dei gran premi: “Zio Paperone e l’avventura in Formula 1”.
Quindi avevamo creato cartelli con scritto “Perrari”, altri con “Magneti Martelli” e così via…
”Toglieteli tutti” decretò il Team 17!!
Infine dovemmo cambiare anche i colori alle macchine per non ricordare troppo i veri team…
Altra cosa divertente è che, dal momento che come ho già detto ero un fanatico di Out Run, sui primi prototipi di pista girava rigorosamente una Ferrari stradale. A questo proposito voglio raccontare un ultimo aneddoto tecnico proprio sulla macchina utilizzata in F17: per dotarla di più colori possibili, avevamo deciso di utilizzare 4 sprite a 32 colori affiancati per realizzarla e questo andava più che bene; ad un certo punto però decidemmo di mettere un effetto che nessun altro gioco proponeva, ossia il testacoda in caso di incidente. Ma ci rendemmo conto che la macchina in orizzontale sarebbe stata troppo lunga per rientrare in quattro sprite!
Grazie però al “dithering” umano eseguito da Alfredo Siragusa, il musetto e l’alettone posteriore dell’auto, ossia le due parti che sporgevano, furono realizzate a parte utilizzando solo 16 colori, e applicate al momento giusto utilizzando due Bob. Fortunatamente la giravolta è talmente veloce che è quasi impercettibile ma, se ci fate caso, quando l’auto è completamente in orizzontale, i due estremi hanno meno colori del corpo macchina…
Per quanto riguarda idee non realizzate, ce n’è una in particolare che mi è rimasta sullo stomaco: la mappa animata che mostrasse la posizione. Le curve dei percorsi ricalcano infatti i veri circuiti di Formula 1 del campionato 1992 (Imola, Silverstone, etc..) e, anche se giocando questo non è percepibile, eventuali mappe avrebbero svelato questa cosa… Dati gli attriti con la FIA tutto ciò non era proprio possibile; ci dissero infatti che erano sotto copyright perfino i disegni dei circuiti!!

WOPR: Il gioco, come sappiamo, è stato distribuito dal Team 17 (anzi molti pensavano che fosse realizzato proprio da loro) ma come siete riusciti a vendere un titolo italiano di una software house sconosciuta ad un colosso come il Team 17?
FABRIZIO: Il merito è tutto di Raffaele Valensise: grazie al lavoro “ufficiale” che svolgeva all’epoca, presso un importatore di videogame di Roma, aveva la possibilità di visitare le fiere del settore e incontrare i responsabili dei vari produttori. Ecco quindi che andando in giro con il floppy di F1 Challenge in tasca, riuscì a mostrarlo a Martyn Brown del Team 17 e avere il loro interesse!

WOPR: Un bel colpo non c’è che dire! Successivamente avete collaborato ancora con Martyn Brown oppure F17 è stato un caso isolato?
FABRIZIO: Oltre alla versione CD32 di F17, realizzammo un piccolo videogame “omaggio” che andò in allegato con alcune riviste inglesi: Waggle’o’mania, ma grafica e musica furono fornite direttamente dal Team 17… tra l’altro le musiche erano di Allister Brimble!
Ricordiamoci poi che erano gli ultimi anni dell’Amiga… nel 1993 la Commodore fallì! Dopo qualche mese, visto che la situazione del futuro dell’Amiga non si sbloccava le software house inglesi fecero una drammatica riunione sullo stato delle cose e fu in quell’occasione che si decretò la “morte” dell’Amiga come piattaforma ludica e furono di conseguenza interrotti la maggior parte dei progetti in corso, per dedicarsi alla piattaforma PC che era in fortissima crescita.
Anche noi stavamo lavorando ad un nuovo progetto Amiga per CD32, uno sparatutto in prima persona che utilizzava fondali pre-renderizzati scaricati in tempo reale da CD ma non se ne fece più nulla…

WOPR: Sul sito http://www.holodream.it/nebula.htm viene pubblicizzato un certo Nebula Fighter per PC, uno sparatutto mai commercializzato… ci spieghi il motivo di tale scelta e se questo fu l’unico (e ultimo) titolo realizzato per PC dalla Holodream?
FABRIZIO: Nebula Fighter è stato il mio primo gioco commerciale sviluppato per PC; si tratta di un altro progetto nato inizialmente su piattaforma Amiga (ma la programmazione era curata da un altro programmatore) e successivamente portato da me su PC. I primi prototipi giravano in DOS su 486 ma alla fine fu rilasciato per Windows 95, utilizzando le ottime librerie DirectX di Microsoft, veramente un salto di qualità all’epoca. Quindi non è vero che non è stato commercializzato ma è stato pubblicato negli USA all’interno di alcune compilation di giochi “vecchio stile” e in Europa continentale come stand-alone. È possibile però che non sia mai arrivato in Italia (è comunque possibile caricare una versione Demo di Nebula Fighter a questo indirizzo! NdWopr).

https://www.youtube.com/embed/9WZfcbHJZ90

A quel tempo la Holodream aveva realizzato anche delle avventure grafiche di scarso successo, anche se molto curate graficamente, seguendo il filone che andava all’epoca e che credo Simulmondo avesse introdotto in Italia. In particolare producemmo 4/5 avventure per la Comic Art, basate sui loro personaggi, e una serie di 4 avventure per la testata La Storia Ancestrale della Hobby & Work. Le avventure Comic Art erano solo per PC e sviluppate dal bravissimo Raffaele Angius, mentre le seconde erano sia per PC che per Amiga.
”La Storia Ancestrale” è stato probabilmente l’ultimo nostro prodotto per questa piattaforma.

WOPR: Quindi avete sviluppato maggiormente per la piattaforma Amiga rispetto al PC! Una vostra precisa scelta o richiesta del distributore?
FABRIZIO: In realtà si sviluppava per quello che chiedeva il mercato, non il distributore. Siamo nati su Amiga e quindi le mie competenze erano principalmente su questa piattaforma. Il passaggio al PC non è stato indolore ma certamente un passaggio obbligato.

WOPR: Mi dici tre titoli e tre macchine (vecchie o attuali) che porteresti sulla famosa isola deserta?
FABRIZIO: Indubbiamente Out Run, Zak McKracken and the Alien Mindbenders e Transport Tycoon, ossia un arcade, un’avventura e uno strategico.!
Poi senza un’attimo di esitazione: un Commodore 16, un Commodore 64 e un Amiga 500… ma anche tanta documentazione tecnica a corredo!

WOPR: Di cosa ti occupi attualmente? Sei ancora in contatto con i tuoi ex-colleghi?
FABRIZIO: Fortunatamente non ho cambiato settore, anche se ovviamente sono cambiate le tecnologie e le potenzialità… Da soli o con un piccolo staff come era quello di Holodream, non è praticamente più possibile creare giochi commerciali per i moderni PC o le console. Negli anni ho fondato due aziende: Intellecto, che si occupa di strumenti di marketing tecnologici, quindi videogame per eventi, fiere, siti web e quant’altro e Digital Power che si occupa di multimedialità e quindi DVD, Blu Ray, Video.
Al momento tra l’altro sto lavorando moltissimo sulla piattaforma iPhone che sotto certi aspetti rappresenta il nuovo Amiga dal punto di vista dei piccoli sviluppatori indipendenti!
Alfredo Siragusa è l’unico con cui lavoro tutt’ora ed è al momento l’artista di riferimento proprio di Digital Power!
Con gli altri, Raffaele Valensise in primis, sono rimasto in buoni rapporti anche se non abbiamo mai occasione d’incontrarci… per fortuna c’è Facebook!

WOPR: Moltissime persone, tra cui il sottoscritto, si chiedono se Holodream Software sia ancora in attività. Esiste un sito ma non sembra aggiornato! Ci dai qualche notizia più precisa riguardo il presente e il futuro dell’azienda?
FABRIZIO: Holodream Software non è più un’azienda, se mai lo è stata, ma un marchio che ha contributo alla storia dei videogiochi in Italia. Al momento sono io che gestisco il dominio holodream.it ma il sito non viene più aggiornato. Di recente l’ho usato come appoggio per un progetto iPhone che ho sviluppato, SMSExport, ma sono in procinto di muoverlo su un sito dedicato e ripristinare il sito Holodream come repository dei nostri vecchi prodotti…

WOPR: Ottima idea quella del repository! Ci sarà la possibilità di vedere nuovamente un gioco per PC o console targato Holodream?
FABRIZIO: Per PC o console non lo so… per iPhone è molto probabile!

WOPR: Un’ultima domanda: se ti chiedessero di realizzare un’ultima volta un videogioco cosa risponderesti?
FABRIZIO: Risponderei… che non ho mai smesso e quindi non sarebbe l’ultima! Neanche con la forza!

WOPR: Siamo giunti, purtroppo, al termine di quest’intervista che ha toccato anche temi piuttosto tecnici ma di sicuro interesse per i lettori! Sono convinto che si possano trarre molti insegnamenti dalle esperienze di esperti del settore ed il “metodo di studio” dei linguaggi di programmnazione descritto da Fabrizio credo sarà utile a molte persone. Non mi resta che ringraziare Fabrizio per il tempo che mi ha gentilmente concesso!
FABRIZIO: Di nulla! Grazie a te e alla prossima!

Fabrizio Farenga al Computer History Museum

Maggio 2010, Robert Grechi